Soft Skill. Due parole che sentiremo sempre più spesso nei prossimi anni. In verità, già oggi, parlare di skills in generale va molto di moda. Una skill è – in teoria – una competenza acquisita. Una parola abbastanza semplice, immediata, professionale.
Che succede però se questa competenza diventa soft, cioè non completa, leggera?
Una Soft Skill, però, a voler esser precisi non è proprio una competenza leggera. Potremmo tradurre il termine come competenza trasversale. Una caratteristica, cioè, che è necessario avere per affrontare qualsiasi lavoro. O per avere successo, al di là del mondo professionale.
Per questo motivo, chiunque faccia formazione, parla e fa parlare i propri studenti di soft skill.
E in tema di soft skill, la Silicon Valley ha fatto scuola.
Prima ancora che i giganti dell’High Tech come Google o Facebook approdassero in California del Nord per organizzare i loro convegni in tema di soft skill, la San Francisco Bay Area era la terra di IBM, di Apple e di Microsoft.
Tre giganti della tecnologia che dagli anni ‘80 del XX secolo, hanno fatturato miliardi e hanno rivoluzionato il mondo.
Probabilmente, lo hanno fatto grazie alle soft skill dei loro direttivi. E soprattutto delle menti geniali che ne occupavano i vertici.
Parliamo di Bill Gates, per esempio. Uno che non ha decisamente bisogno di molte presentazioni.
Fondatore di Microsoft, è stato l’uomo più ricco del mondo dal 1995 al 2017, prima che l’imperatore di Amazon facesse il grande sorpasso.
Oggi è forse il più grande filantropo che sia mai esistito. Si trova a capo della Bill & Melinda Gates Foundation, la più grande fondazione privata del mondo. Lavora per debellare definitivamente la polio insieme a Rotary International.
Non credi che siano state le soft skill a portare Bill Gates nell’Olimpo dell’imprenditoria mondiale?
Non credi che William Henry Gates III debba alle sue competenze trasversali la costruzione del suo enorme impero?
Proverò a dimostrartelo.
Esiste un noto e classico proverbio dalle parti di Bill Gates.
A stitch in time saves nine. Che potremmo tradurre, più o meno, come: “un punto in tempo ti salva da doverne fare altri nove”.
Sì, in America parliamo di taglio e cucito.
Nel nostro Belpaese, invece, esiste qualche locuzione simile. A ciascuno il suo mestiere, le vacche a chi le sa tenere, per esempio. Che è un proverbio per addetti ai lavori. Ma ce n’è uno più caro al grande pubblico: prevenire è meglio che curare. Per piegarlo alle nostre esigenze, però, potremmo dire che le soft skills apprese prima di affacciarsi al mondo del lavoro, molto spesso facilitano la vita professionale.
Alcuni, peraltro, non hanno nemmeno bisogno di apprendere. Sono naturalmente dotati. In effetti, è presumibile che il successo sociale faciliti il successo professionale.
La cortesia, nelle commessa di un negozio di scarpe, è sempre ben gradita dalla cliente di turno. Se immaginiamo, infatti, una commessa molto competente, magari dotata di una grande conoscenza dei tessuti, dei modelli, dei marchi, però sostanzialmente sgarbata, è facile presumere che la nostra amica cliente – ad una certa – ci volti le spalle.
Se il sommelier del nostro ristorante è espertissimo nella qualità dei tannini, ma si rivela scortese, svogliato e magari arrogante al contatto con i clienti, probabilmente li scoraggerà dal venirci a trovare la prossima volta.
Noi subiamo, quindi, una perdita di fatturato potenziale che nulla ha a che vedere con la competenza tecnica del nostro dipendente, ma solo con il fatto che è sostanzialmente privo di cortesia. Non possiede determinate soft skill.
Ora, forse, cominci a capire perché è importante soffermarsi su questo aspetto.
Bill aveva sicuramente enormi abilità tecnica. Era un mago del computer ante litteram, come diremmo oggi.
Tuttavia, aveva delle grandi difficoltà sociali. Al college era poco socievole, non sapeva parlare in pubblico ed era sempre in imbarazzo a qualsiasi contatto.
Questo spiega anche perché non ha mai considerato di entrare in politica.
Non possedeva certo quella che è considerata una soft skill fondamentale.
Eppure è arrivato comunque a dominare il mondo.
Come ci è riuscito?
Ancora oggi, il re di Internet dedica un’intera settimana due volte all’anno all’analisi critica. Lo fa in una cabina appartata, in un ambiente molto favorevole, in cui può rilassarsi e al contempo concentrarsi profondamente.
Legge, analizza, progetta nuove idee.
Da quella cabina, per esempio, è nato Internet Explorer che fino a qualche anno si vedeva in qualsiasi desktop.
Chiediamoci di nuovo come ci è riuscito. Con il pensiero critico. Una competenza non tecnica, ma trasversale. Una soft skill. Che, probabilmente, non può essere insegnata direttamente. Va sviluppata attraverso il contatto con le difficoltà. O almeno così direbbe un docente di analisi matematica alla Facoltà di Ingegneria o la prof di greco del liceo. Che non parlava forse di soft skill, ma intendeva dire esattamente questo.
Certo non si tratta solo del pensiero critico. Il lavoro di Bill Gates è stato un esempio vivente di come molte altre soft skill possono diventare la chiave del successo.
Mi riferisco, per esempio, a saper investire il proprio tempo, a massimizzarlo secondo le proprie capacità, senza sprecare fatica per cose che non ci porteranno da nessuna parte.
Parlo del porsi degli obiettivi. Una soft skill su cui Bill Gates ha fatto scuola. Nel senso letterale del termine: i programmatori di Microsoft vengono educati ad avere una missione. A porsi un obiettivo per saperlo soddisfare.
Anche saper dormire è una soft skill. Secondo Bill, la salute del sonno è una delle cose più importanti nella vita. Se ci fai caso, è anche il denominatore più comune tra le persone di grande successo.
Chi non porta a letto la propria negatività e sa calmare i propri pensieri durante il sonno, ha il doppio della probabilità di portare a termine risultati concreti durante il giorno.
Bill Gates va a dormire intorno a mezzanotte e non si sveglia mai prima delle 7. Un sonno pieno e lungo almeno 7 ore ti rende più lucido e migliora la tua capacità di ragionamento critico.
Provare per credere.
Avete mai sentito parlare di Bryan Clayton? Multimilionario, è il CEO di GreenPal. Non si alza mai prima delle 8.
Rose Paquette, il CEO di Maropost, mai prima delle 9:30 e questo non gli ha impedito di avere uno stipendio a 9 cifre.
Elon Musk? Dell’importanza di dormire bene ha fatto un credo.
Jeff Bezos non rinuncia mai alle sue 8 ore di sonno ed è l’uomo più ricco del mondo. Shakespeare, in fondo, diceva che il sonno è il nutrimento della vita.
Insomma, essere bravi non basta. Essere competenti non è sufficiente.
Le soft skill sono il futuro della professionalità?
No; è solo che ora cominciamo a chiamarle così.
Le soft skill sono sempre state garanzia di successo.
Vuoi sapere qualche nome di personaggi accomunati da queste stesse competenze trasversali di cui abbiamo appena parlato?
Personaggi che dormivano bene, pensavano criticamente, sapevano parlare in pubblico e investire brillantemente il proprio tempo?
Giulio Cesare. Leonardo Da Vinci. Thomas Edison. Napoleone Bonaparte. Winston Churchill.
Insomma, delle garanzie delle soft skill, ci possiamo fidare.