Datagate o quando un ragazzo con un computer scatenò un terremoto a Washington

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Datagate. Una parola che avrai già sentito sicuramente. Forse anche fin troppo. Nel 2018, è stata perfino una delle parole più cercate su google. D’altronde si trattava di uno dei fatti più chiacchierati dell’anno. Lo scandalo Cambridge Analytica.

Uno scandalo di cui forse sappiamo fin troppo. Infatti, non è di Zuckerberg che voglio parlarti in queste pagine. La parola datagate, in effetti, è nata addirittura l’anno prima che Cambridge Analytica fosse fondata nel 2013.

Se avrai la pazienza di accompagnarmi, ti racconterò come e quando.

È il 12 aprile 2012. Siamo alle Hawaii. A Kunia, nell’isola di Oahu, c’è un’enorme, colorata, piantagione di ananas. Se fossimo addetti ai lavori, sapremmo che sotto di noi, esiste un tunnel in cemento armato usato, ai tempi di Roosevelt, come fabbrica di aeroplani. Fino a quel momento, però, pochi conoscono quel microcosmico segreto.

Si tratta di una delle sedi operative dell’NSA, la National Security Agency, quell’organismo che – insieme alla CIA e al famigerato FBI – si occupa della pubblica sicurezza negli Stati Uniti d’America.

Dentro un tunnel, c’è un ragazzo epilettico classe ‘83 che smanetta davanti a un computer. Ha un Q.I. di 145, ma non ha mai conseguito il diploma. È una sorta di agente segreto; ha lavorato per la CIA sia in Svizzera che in Giappone.

Quel ragazzo sta svolgendo un’azione illegale: sta scaricando un documento top secret. Non sa cosa gli accadrà da quel momento in poi, ma le sue intenzioni sono chiare: non può non dare ascolto alla sua coscienza. Si chiama Edward Snowden e la sua storia è la storia di Datagate.

8 mesi di download di documenti top secret e, a gennaio, Edward contatta Laura Poitras, documentarista e regista premio Oscar, nonché membro del consiglio della Fondazione della libertà di stampa.

L’NSA lo congeda con una scusa poco più tardi e, a maggio, Snowden vola verso Hong Kong.

Il 6 giugno, Edward si trova ancora al Mira Hotel della metropoli cinese, quando le pagine del Guardian e del Washington Post rivelano al mondo i primi elementi dello scandalo più discusso dei nostri anni.

La bomba esplode il 7 giugno, quando i due quotidiani parlano per la prima volta di PRISM.

PRISM è un software clandestino di sorveglianza di massa.

L’NSA e la CIA lo usano per spiare le conversazioni private, le chat, le ricerche web e il traffico in tempo reale di milioni di cittadini americani, su Google, Facebook, Apple, Microsoft, persino Skype.

Edward ha scoperchiato il vaso di Pandora del nostro tempo.

Il 27 giugno si scopre che l’amministrazione Obama ha autorizzato le agenzie di intelligence a spiare milioni e milioni di email grazie all’esistenza di un altro software clandestino, Stellar Wind. Tutto ciò viene senza il coinvolgimento della magistratura, senza alcuna autorizzazione ufficiale e nella più totale segretezza. Almeno fino a Snowden.

L’NSA si difende: ha agito nel rispetto della legge, per la sicurezza del popolo e della Nazione. Ma lo scandalo si allarga.

Ad ottobre, Cryptome rivela che la CIA ha spiato 46 milioni di telefonate in Italia, 60 milioni in Spagna, svariati milioni in Germania. Comuni cittadini, funzionari del governo, leader di partito e di stato. Persino Angela Merkel finisce tra gli intercettati. È bufera.

Edward esce allo scoperto. Il Dipartimento di giustizia lo incrimina il 21 giugno 2013.

Violazione dell’Atto di Spionaggio. Furto di proprietà del governo. Revoca del passaporto.

Clandestino, Snowden vola a Mosca, dove le autorità notano che il suo passaporto è invalido e lo trattengono presso l’aeroporto di Šeremét’evo per due mesi. La Russia gli concede, poi, il diritto d’asilo e tuttora Edward vive da qualche parte nello sterminato paese che lo ha accolto.

Datagate. Lo scandalo del decennio. Eppure, se andate a Washington a parlare di “datagate”, quasi nessuno capirà a cosa vi state riferendo. Ovunque nel mondo, ma soprattutto in America, lo scandalo del 2013 è noto come Big Brother Scandal. E l’originale datagate?

Esiste una voce wikipedia, List of “-gate” scandals, in cui datagate non appare mai. Come sarebbe possibile?

Basterà fare un piccolo esperimento. Se digitate nella search bar di Google, PRISM datagate o Snowden datagate o 2013 datagate, il motore di ricerca vi restituirà solo pagine in italiano.

Dunque, anche se non esiste ancora un padre ufficiale del neologismo, sappiamo con certezza che nessuno – fuori dall’Italia – userebbe mai il termine datagate per indicare l’enorme scandalo di PRISM.

In sintesi, datagate è un nome solo all’apparenza inglese o anglofono che gli anglosassoni, però, non hanno mai usato. Tanto più che, in inglese, il termine data è talmente generico da renderlo fuorviante se privo di contesto. Si tratta di un neologismo tutto made in Italy.

Comunque lo si chiami, lo scandalo ha interessato tutto il mondo occidentale. Quelle che potevano apparire come fantasiose teorie cospirazioniste si sono rivelate spaventosamente come realtà dei fatti. Nonostante le numerose smentite.

Qualcuno ci controlla? Diciamo che potrebbe capitare.

Fidarsi delle rassicurazioni dei governi può apparire rassicurante, ma non sempre è giusto. Ad agosto 2013, Barack Obama, Nobel per la pace 2009, nega categoricamente l’esistenza di un sistema di spionaggio domestico di massa. A settembre dello stesso anno, l’NSA è costretta ad ammettere di raccogliere e custodire informazioni sui tabulati telefonici di tutti i cittadini statunitensi.

Dove finisce questa enorme quantità di dati? Uno dei più probabile depositi è lo Utah Data Center, un impianto di stoccaggio dalle dimensioni titaniche: un milione di metri quadri per un costo stimato di 1,5 miliardi di dollari.

Nel 2013, mentre il mondo esige tutela al diritto di protezione della privacy, Google, Yahoo, Apple e Facebook dimostrano che la CIA e l’NSA entrano regolarmente nei loro sistemi per raccogliere dati privati.

Per rafforzare i loro sistemi di crittografia, i titani della comunicazione chiedono al governo statunitense una legge per tutelare la privacy degli utenti. La riforma viene annunciata da Obama, durante una conferenza stampa alla White House nel 2014.

Nel 2015, una Corte d’appello degli Stati Uniti stabilisce che le intercettazioni fatte dall’agenzia governativa NSA sono illegali. Secondo i giudici il programma non è stato autorizzato in alcun modo dal Congresso e deve essere immediatamente sospeso.

Conoscete Argo Panoptes? Si tratta di un gigante della mitologia greca. Possiede cento occhi e la madre degli dei, Era, gli affida l’incarico di sorvegliare Io, una delle amanti di Zeus, che ha rapito per sottrarla al marito. Argo riesce a non perderle mai di vista, perché per dormire, riposa due occhi alla volta.

Nel 1791, il giurista Jeremy Bentham ha progettato un carcere ideale, chiamato Panopticon.

Secondo il progetto, un unico sorvegliante (opticon) riesce a osservare tutti (pan) i soggetti detenuti e le loro attività, senza permettere a questi di capire in quale momento siano osservati o meno. Il nome è ispirato al gigante dai cento occhi.

Qualcuno è riuscito a realizzare un panottico in muratura. A Siena, per esempio, l’ex ospedale psichiatrico di San Niccolò, dismesso negli anni ‘90, è stato progettato secondo le idee di Bentham.

Qualcun altro, invece, non ha avuto bisogno dei mattoni. I sistemi di sorveglianza di massa dell’NSA sono stati, per quanto possiamo saperne, il più sofisticato e pericoloso panottico della nostra storia.

Si tratta di una violazione della privacy ad un nuovo – e molto più pericoloso – livello. La sorveglianza di massa comporta la messa a nudo di una società intera. Ed è evidente che chi controlla i dati personali di un’intera società, non ci metterà poi molto a controllarla del tutto.

il 29 ottobre 2015, il Parlamento Europeo ha riconosciuto a Edward Snowden lo status di “difensore internazionale dei diritti umani”.

Ma per proteggere la nostra privacy, non dovremmo avere bisogno di eroi.